Sono nato a fine Ottobre del 1993 e sono cresciuto a Villa Estense, un paese di 2000 anime in Provincia di Padova, nel nord-est dell’Italia. Ho iniziato a fare teatro quando avevo 5 anni a casa dei miei nonni, insieme a mio cugino. Passavamo giornate intere chiusi in una stanza a inventare storie e a costruire dei veri e propri spettacoli. Posso dire quindi che quest’anno festeggio i 25 anni di carriera. Come potete vedere nel video qui sotto, gli anni della scuola materna sono stati un momento molto importante per scoprire il mio lato performativo. I miei genitori mi raccontano che ero il disturbatore della classe e che a ogni spettacolo le maestre mi supplicavano di non fare lo scemo sul palco. 

Alle medie, invece, le professoresse (erano tutte donne a Villa Estense) convinsero la mia famiglia che non ero solo un disturbatore seriale, ma IL disturbatore seriale. I miei genitori erano contenti e dopo ogni spettacolino fatto nell’Auditorium del paese, mi portavano a festeggiare da Caon, il bar istituzione. Ancora non si rendevano conto che tutto quell’entusiasmo avrebbe potuto piantare più danni del previsto dentro la mia testa. Dall’entusiasmo nascono i fior.

Da buon figlio della borghesia, dopo le medie sono andato al liceo (sono andato a Este, perché a Villa Estense non c’era) e lì ho continuato a fare teatro. Il liceo si chiamava G.B. Ferrari e aveva un corso di teatro pomeridiano. Credo non ci sia nulla di speciale in questo, tantissime scuole hanno un corso di teatro, ma la cosa abbastanza speciale è che quasi la totalità delle persone con cui condivido attualmente il lavoro e la vita sono passate per quel gruppo di teatro del liceo e le ho conosciute in quel gruppo di teatro del liceo. Stefano Fortin, drammaturgo con cui lavoro dal 2019 (scrittore di George II che ho presentato in Biennale nel 2020, vincitore nel 2023 di Biennale College Drammaturgia e co- fondatore di Bus 14) l’ho conosciuto lì, in quel gruppo di teatro. La foto qui risale al 2009. Io avevo 16 anni e Fortin 20. 

Quello stesso gruppo del liceo 6 anni dopo è stato frequentato anche da Barbara, la mia compagna, e poi da Chiara, mia sorella. Tutti abbiamo fatto teatro nella vita. Tutti e tre abbiamo frequentato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico.

Veramente sento di aver iniziato a fare teatro nel 1998 e continuo a farlo, da allora, con le stesse persone portando quest’idea tragica e comica di famiglia in giro per il mondo. 


Come dicevo poco fa, ho fatto l’Accademia Silvio d’Amico di Roma e mi sono diplomato come attore nel 2018. Ho lavorato pochissimo come attore, quasi niente. Dal terzo anno di studio ho iniziato a fare delle cose mie, iniziando a definirmi “regista”. Senza retorica, mi è ancora poco chiaro in cosa consista il lavoro che faccio. Ho vissuto a Roma in tutto 7 anni e per alcuni periodi mi sono azzardato a definirla “casa mia”.  Ora, dopo 3 anni che non vivo più lì, non ne sento granché la mancanza e mi risulta abbastanza evidente quanto il rapporto con quella città fosse un gioco e non un fuoco. Foto della prima Biennale College fatta nel 2018, provata a Roma, tra San Lorenzo e Cipro.

Il motivo per cui si ama o si odia una città (o un Paese intero) dipende poco dalla città, ma dipende quasi esclusivamente da noi. Credo che a un certo punto Roma (e per sineddoche, l’Italia) abbia iniziato, attraverso il suo disordine e la sua incuria, a risvegliarmi una serie di domande sulla mia vita e sul mio lavoro le cui risposte mi suggerivano di andarmene.

Mi trovo in Francia, faccio lavori diversi e nulla di più a riguardo. 

È abbastanza complesso parlare di chi si è senza ricadere nel parlare di quello che si fa. Quello che faccio è uno sforzo inaudito per affermare chi sono ed è per questo che quando mi fermo una frazione di secondo vengo inghiottito dal vuoto e non mi riconosco più. 

Nell’ultimo periodo sto cercando di mettere a fuoco questo processo di identificazione totale con quello che faccio e sto cercando di ridimensionarne le conseguenze. Dal 2021 in poi il tema del desiderio è diventato centrale nella mia pratica quotidiana di professionista e nelle scelte che tento di condurre nella sfera personale. Il cercare di entrare dentro alle zone di luce e ombra che si nascondono dietro a questa parola, a questo tema, mi ha portato anche a mettere in dubbio le forme estetiche con cui relazionarmi al pubblico e, più in generale, attraverso le quali voglio parlare. Da un po’ di tempo è cominciata una crisi, personale e artistica. Ne ho parlato un po’ di tempo fa qui.